25 maggio 2016

Percezione, Gestalt e Cinematografo

Il tutto è di più della somma delle parti

La percezione è la porta d’ingresso che ci permette di accedere al mondo esterno. Per la scuola della Gestalt la percezione è un processo primario e immediato che avviene come risultante diretta dell’organizzazione interna delle “forze” che si vengono a creare fra le diversi componenti di uno stimolo o dell’oggetto percettivo (concetto di campo percettivo). Gli oggetti appaiono come unità coerenti e totalità strutturate (cioè, come Gestalt).
Le basi della teoria della Gestalt furono gettate dalle ricerche di Wertheimer svolte nei due anni in cui si fermò a Francoforte (1910-1911). Wertheimer in collaborazione con Wolfgang Köhler e Kurt Koffka, che all’epoca facevano sia da soggetti che da assistenti, indagò la percezione del movimento apparente, in particolare quello stroboscopico, o movimento phi per identificare i meccanismi alla base del processo percettivo.
Il movimento stroboscopico, infatti, è il fenomeno alla base della percezione cinematografica: come è noto, i fotogrammi di una pellicola cinematografica vengono proiettati sullo schermo per 1/48 di secondo, inframmezzati da periodi di buio della stessa durata. Lo spettatore unifica percettivamente i fotogrammi, così da vedere una sola immagine in movimento continuo anziché una sequenza di immagini statiche. Si tratta di un fenomeno di natura “centrale”, come dimostrò lo stesso Wertheimer, non dovuto cioè al fenomeno della persistenza dell’immagine retinica. Ora, il movimento stroboscopio era ben noto da tempo (si pensi che già da vent’anni esisteva il cinematografo dei fratelli Lumière), ma in ambito psicologico non ci si era accorti che questo poneva un serio problema ad una teoria strutturalista-elementista della percezione. In realtà, da un punto di vista wundtiano, non si poteva percepire un movimento senza un corrispondente spostamento della stimolazione retinica; in altre parole, anche se nel movimento stroboscopio gli elementi sono statici, il movimento viene percepito comunque denunciando una discordanza tra l’evento reale e quello percepito (sequenza di immagini statiche – percezione di movimento in generale).
Grazie al metodo tachistoscopico, Wertheimer potè affermare che un tale fenomeno, che egli definì fenomeno F (phi), non potrebbe costituirsi se l’organizzazione globale non precedesse, nel processo percettivo, gli elementi. Ovvero, se il processo percettivo non fosse un processo di tipo top-down, o, come avrebbe detto lo stesso Wertheimer anni dopo, “von oben nach unten”, dall’alto verso il basso.
La contessa Gabriela von Wartensleben, che per un certo periodo fu una degli assistenti di Wertheimer, riportò:
1) In genere le nostre esperienze o sensazioni percettive, lungi dall’essere impressioni caotiche, non sono presenti alla coscienza come somme o collezioni di elementi, ma ognuno di questi si compone con una caratteristica appartenenza reciproca. […]. Definiamo Gestalten queste esperienze strutturate.
2) […] Quel che in ultima analisi si percepisce possono essere “oggetti” nel più ampio senso del termine, o possono essere reti di relazioni. Si tratta di qualcosa di più e diverso della totalità sommata degli elementi individuali. Le qualità del tutto possono di fatto raggiungere la coscienza prima delle parti individuali.
3) […] La Gestalt balza fuori dalla collezione caotica degli elementi, ma gli elementi individuali ricevono di conseguenza una certa impronta dal concetto totale. (Warstensleben, 1914)
La Gestaltheorie tende a rivalutare i meccanismi innati che regolano l’organizzazione dell’esperienza e a ridare al soggetto la responsabilità della percezione. Ovvero, per esempio nel caso del cinematografo, si ha la percezione del movimento con degli stimoli statici messi in sequenze molto ravvicinate perché l’organizzazione del percepito è talmente veloce che da statico diventa dinamico, dimostrando che non tutto è riconducibile alla legge della persistenza retinica e che il percetto è dato da una complessa organizzazione che guida i nostri processi di pensiero. A seconda di come sono strutturati gli oggetti si ha l’impressione istantanea dell’oggetto stesso, ma tale impressione globale e totale non è data solo dalla somma degli elementi o delle parti. L’impressione e la percezione globale è di più della semplice somma delle parti, dato che ogni parte dà un suo contributo e si unisce al tutto a suo modo.

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